Appartenenza e inclusione, orientamento al fare insieme ad altri, dinamicità, capacità di adattamento, curiosità e desiderio di emulazione, senso delle possibilità illimitate, coesione sociale e decoro, queste - in sintesi - le peculiarità dell'essere milanesi.
Nonostante si sia allontanato appena ventenne dalla sua Milano e sia entrato in contatto con un mondo poliedrico e variegato, Renato ha sempre conservato un affetto speciale per la città che gli ha dato i natali e ha fatto sempre il possibile per mantenere i rapporti con i genitori ed i suoi parenti.
In particolare, dopo la prematura scomparsa di mamma Virginia e di papà Marino, è rimasto in costante contatto con il cugino Luigi (Gino) con cui gli incontri si sono spesso alternati (Milano/Tarvisio; Milano/Gorizia) nel tempo.
Ma, oltre all’affetto e all’unione parentale, Renato, nella mente e nel cuore, è rimasto sempre un milanese.
Le contaminazioni e le influenze che ha subìto ed accettato, a partire dallo stretto legame intrecciato con la famiglia (di origine pugliese) della moglie Carmela, non gli hanno comunque fatto perdere la sua milanesità.
Aveva sempre una grande capacità di inclusione e di orientamento al fare, anche insieme agli altri e una grande attitudine alla mobilità che ha dimostrato sia nella carriera in polizia caratterizzata da innumerevoli trasferimenti, che nel desiderio a muoversi, a viaggiare, per moltiplicare le occasioni di incontro, raccogliere spunti dalle altre parti del mondo e ad annusare lo spirito dei tempi.
Pur nelle sue modeste disponibilità aveva un innato senso delle possibilità illimitate che, probabilmente gli derivava proprio dal fatto che a Milano tutto è possibile. Soleva ripetere che “basta organizzarsi bene e prima o poi i risultati arrivano”, e, oltre a possedere una grande capacità organizzativa, aveva anche un grande senso di rispetto delle regole.
Insomma, pur se entrato in contatto con mentalità e visioni diverse da quelle ereditate dai genitori e dalla sua terra, era sempre rimasto vivo in lui il senso della fiducia nel potere della ragione umana sulla cattiva sorte.
E, anche nel suo eloquio fluente, nella sua non comune abilità di scrivere, e nella sua grande capacità ironica, indotta sicuramente dal senso di libertà respirato a Milano, emergeva quella “marcia in più” che lo rendeva diverso, unico. “La libertà comincia dall'ironia” – ripeteva spesso Renato, ricordando un principio espresso da Victor Hugo. E lo diceva soprattutto quando si imbatteva in persone più inclini all’autoflagellazione e al pessimismo piuttosto che al desiderio di libertà e di emancipazione.
Ecco, tutta questa sua milanesità, di cui comunque era orgoglioso, a volte, anziché premiarlo, nell’ambiente di lavoro induceva, in particolare nei superiori (di grado e di… cultura), una sorta di imbarazzante rifiuto delle sue capacità.
Ma Renato, pur senza nascondere la sua frustrazione e la sua sofferenza, alla fine riusciva sempre ad ironizzare, magari facendo appello ad un invito a non prendersela. “Tiremm innanz!”
Insomma, chi lo ha conosciuto bene, lo ha apprezzato e stimato profondamente e, per contro, Renato – pur nella sua modestia - ha saputo contraccambiare la sua città, facendosi delegato e rappresentate dei caratteri e degli aspetti tipici della milanesità.
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